Paesaggi lunari, scorci di grandi città, prati fioriti, la maestosità del mare.
I dipinti di Marco Antonacci sono fotografie scattate con la mente e rielaborate con il cuore.
Luce e colori accesi li caratterizzano: sembra di poter respirare il profumo di quei luoghi, di calarsi nella quieta serenità di quelle vedute, di sentirsi vivo e partecipe spettatore della magia della natura.
Ad una prima e fugace occhiata, osservando le opere di Marco Antonacci, si direbbe che l’artista dipinga i suoi sogni nelle sue immagini.
In realtà, i suoi quadri sono strettamente collegati a momenti importanti della sua esistenza, seguono le sue orme, lo completano, ci raccontano la sua vita e le sue idee.
Marco Antonacci, artista autodidatta, dipinge poche volte l’anno ma lo fa con estremo trasporto, con profonda ispirazione.
Le sue immagini sono connotate spesse volte da una valenza onirica, surreale, simbolica poiché leggono in profondità il suo essere.
Tutto cominciò nel 2011, quando dipinse “Il primo”, che fu infatti la sua prima vera opera pittorica.
Il quadro rappresenta un veliero in mare; sembra essere metafora di un viaggio interiore, alla scoperta di sé stesso: l’imbarcazione sfida audacemente le onde, il vento impetuoso, come l’uomo che affronta il suo destino nel burrascoso mare della vita.
L’ opera, pervasa da una sensazione di sogno e mistero, appare vicina al fantasioso immaginario magrittiano.
In Esplosione, opera molto più recente, lo stile cambia completamente: graffi di luce e colore, di matrice informale- gestuale, si irradiano da un centro propulsore, emanando cariche di energia e positività, contrastando, come in una battaglia tra colori caldi e freddi, il triste sfondo grigio.
Il rosso e il giallo assurgono a ruolo di protagonisti in un’inebriante rivoluzione coloristica, appaiono simboli di un’esplosione di gioia, di un big bang creatore di sfavillanti novità.
Alba, del 2013 ben rappresenta l’interesse dell’artista per il cosmo e le misteriose bellezze dei fenomeni celesti.
Siamo di fronte ad una stupenda alba, esemplificata non da un sole, ma da una sfavillante e misteriosa luna che sta per emergere nel mezzo di apocalittiche nubi, pronta ad affrontare e a sconfiggere le tenebre e ad annientarle col suo sublime chiarore, con la sua sfolgorante potenza.
L’unico spettatore è un solitario e frondoso alberello, testimone della grandezza degli eventi naturali: forse metafora dell’uomo e della sua piccolezza rispetto alla maestosità dell’universo.
Profumo di felicità non è solo un’opera, ma anche la copertina e il titolo del libro scritto da Antonacci e pubblicato nel novembre 2015.
Il quadro è il sugello al raggiungimento della felicità: una gioia che è l’amore, tutta rosa, delicata, armoniosa.
La felicità è magia: sono due anime che si incontrano a metà strada su vibranti colline e che decidono di condividere insieme una vita che profuma di bellezza.
Il colore assurge a simbolo di sentimento: sulla scia fauvista, dove la realtà si trasfigura nello specchio dell’io, del noi.
In Milano una piccola Venezia, impalpabili velature delineano un’atmosfera rarefatta, di una Milano scomparsa.
Una Milano circondata dai navigli che la rendevano magica e unica come Venezia.
Il chiarore dell’imponente Duomo milanese ben si fonde tra il cielo ballerino, caratterizzato da striature azzurro bianco e le dolci e terse acque del naviglio.
La lieve luminosità, le dolci sfumature ricordano le vedute di Oskar Kokoschka dedicate alla città lagunare.
Sempre a Milano è dedicato un altro quadro dell’artista, una visione allo stesso tempo romantica e nostalgica.
Una città dalle mille sfumature, dove architettura e natura si compenetrano perfettamente creando un immenso puzzle di suggestioni.
Il dipinto è connotato da una velata carica espressionista e malinconica, come a voler rievocare il ricordo, ormai sbiadito, di una Milano caratterizzata da verdi prati, con l’ombra delle lontane montagne alle quali fa da cornice un romantico tramonto.
Un’ intensa carica emozionale è ben ravvisabile anche nell’ opera A casa, ma qui la realtà non viene deformata, ma anzi, è esaltata per la sua perfetta bellezza, per un radioso cielo all’imbrunire che induce semplicemente ad una viva contemplazione: un sole caldo, un paesaggio rigogliosamente fiorito e vissuto nel quotidiano.
Il paesaggio, nelle opere di Antonacci, risulta essere un elemento costante: da naturale ad artificiale fino a giungere all’astrazione in una sorta di paesaggio “interiore” a evocare i suoi sentimenti e stati d’animo, l’evolversi di essi, la ricerca di un equilibrio.
Le sue opere non sono mai stilisticamente omogenee: spaziano sempre tra astratto e surreale, proprio perché sono espressione della sua identità e quindi non facilmente etichettabili sotto uno stesso modus operandi.
La libertà espressiva permette a Antonacci di personalizzare in maniera estrema i luoghi, rendendoli un vero e proprio linguaggio dell’io.
Le immagini non sono mai statiche, ma esprimono mutamento, dinamismo, cambiamento, come i sentimenti che sono suscettibili al variare del tempo e degli eventi.
Sono quadri che sembrano un sogno, eppure sono potentemente reali, profondamente vitali.
Mira Carboni